Covid-19: l’ansia del contagio – Di Nadia Clementi

Articolo del: 13 Aprile 2020

Ne parliamo con Angela Trenti, Presidente della Lega Italiana Fibrosi Cistica Trentino: «Il sentirsi all’improvviso ancora più fragili»

Ci sono persone, che più di altre rischiano la vita o rischiano di rimanere permanentemente debilitate e per le quali sono previste misure straordinarie affinché non siano contagiate dal coronavirus.
Tra queste troviamo, a causa di una malattia genetica che attacca il sistema respiratorio, le persone affette da fibrosi cistica: una malattia degenerativa, la più diffusa tra le malattie rare.

Chi ne è affetto, è abituato a prendersi particolarmente cura di sé, poiché anche un comune raffreddore può comportare un aggravamento molto pesante del loro stato di salute, e quindi anche il semplice contatto tra persone potrebbe essere potenzialmente un grande rischio, in quanto c’è la possibilità di passaggio di germi.

E, in questo momento di emergenza sanitaria – le disposizioni messe in azione dal Governo: mantenere un metro di distanza gli uni dagli altri, utilizzare mascherine e guanti – sono misure che già fanno parte della quotidianità di questi malati.
Di come si vive in questi giorni di ansia da contagio lo sa bene Angela Trenti, 49 anni, domiciliata a Dro alla quale la fibrosi cistica è stata diagnosticata quando aveva circa 3 anni.
Dal 2014, è Presidente della Lega Italiana Fibrosi Cistica Trentino, e dal 1999 fa parte del Direttivo dell’associazione.
Conoscere Angela è un’iniezione di forza e dignità, e non importa se il suo fiato è corto, se ci sono le medicine da prendere e se deve recarsi spesso in ospedale, per Lei ogni giorno è vita.

Angela, prima di tutto è bene spiegare ai nostri lettori che cos’è la fibrosi cistica.

«La fibrosi cistica è la malattia genetica grave molto diffusa.
È una patologia multiorgano, che colpisce soprattutto l’apparato respiratorio e quello digerente. È dovuta a un gene alterato, cioè mutato, chiamato gene CFTR (Cystic Fibrosis Transmembrane Regulator), che determina la produzione di muco eccessivamente denso. Questo muco chiude i bronchi e porta a infezioni respiratorie ripetute, ostruisce il pancreas e impedisce che gli enzimi pancreatici raggiungano l’intestino, di conseguenza i cibi non possono essere digeriti e assimilati.

«Seppure il grado di coinvolgimento differisca anche notevolmente da persona a persona, la persistenza dell’infezione e dell’infiammazione polmonare, che causa il deterioramento progressivo del tessuto polmonare, è la maggior causa di morbilità nei pazienti. Le manifestazioni tipiche della malattia sono: difficoltà nella digestione dei grassi, proteine, amidi, carenza di vitamine liposolubili e perdita progressiva della funzione polmonare.

«La malattia non danneggia in alcun modo le capacità intellettive e non si manifesta sull’aspetto fisico né alla nascita né in seguito nel corso della vita, per questo viene definita la malattia invisibile

«Colgo l’occasione per presentare anche il nostro testimonial, si chiama Martino ed è stato scelto da LIFC come mascotte e simbolo di forza e tenacia, come i pazienti affetti da Fibrosi Cistica.

«Piccolo ed esile di corporatura, ma al tempo stesso spavaldo e determinato, Martino è metafora dello spirito di sacrificio ma anche della tenacia di chi sa resistere ad ogni forma di sofferenza e dolore riscontrabile nella vita quotidiana e di chi vince, con coraggio, la tentazione di lasciarsi sopraffare dalle avversità.

«Come Martino infatti i pazienti di fibrosi cistica combattono ogni giorno, con pazienza e sofferenza, per non soccombere alla gravità della propria situazione e con tenacia e speranza affrontano il proprio presente e guardano al proprio futuro.»

Raccontaci come trascorri le giornate in questo periodo di emergenza sanitaria.

«le mie giornate non sono diverse dal solito…
«Per una volta, di fronte ad una emergenza come questa, chi ha la fibrosi cistica parte avvantaggiato: lo stare spesso in casa, disinfettare tutto, lavarsi spesso le mani, stare sempre almeno a un metro di distanza dagli altri, cercare di evitare luoghi affollati, mettere spesso la mascherina in casa se un familiare sta poco bene o quando si va in ospedale, sono regole che fanno parte della vita quotidiana.

«Avere la fibrosi cistica vuol dire essere fragili e delicati di salute, in primis proprio ai polmoni, quindi a volte basta un semplice raffreddore per far scatenare un’infezione con la conseguenza di dover prendere ulteriori antibiotici oltre quelli di tutti i giorni.

«Purtroppo, spesso capita di dover ricorrere ai ricoveri in ospedale, circa tre/quattro volte all’anno, isolati nella propria cameretta, con le flebo attaccate per tante ore al giorno.

«È stancante ma ogni volta ho la consapevolezza che il ricovero o il curarmi a casa è necessario per poter ritornare alla normale quotidianità, che, per me, per noi con Fibrosi cistica ha un valore immenso!

«La mia vita è sempre la stessa, (togliendo qualsiasi tipo di attività: lavoro, fare la spesa, partecipare a momenti comunitari perché sono in casa da oltre un mese) consiste nell’alzarsi al mattino, ringraziare Dio per il nuovo giorno, cominciare con fisioterapia respiratoria, pastiglie di medicinali a manciate, disinfettare tutto quanto ho usato per fare la fisioterapia, mangiare per tenere un buon peso, cercare ora più che mai di fare sport.

«Per noi lo sport, come le medicine e la fisioterapia respiratoria è salvavita, e in questo momento sto cercando di fare attività fisica in casa per mantenere un buon stato muscolare e aiutare i miei polmoni anche a drenarsi meglio. Purtroppo il non poter uscire all’aria aperta è come se avessi un’infezione polmonare: ricominciare da capo, quindi ricominciare a fare qualche camminata, poi provare con qualche salita, riprendere a camminare con passo spedito per recuperare il tono muscolare e il fiato!

«Nei momenti più tranquilli, leggo, ascolto musica, recito le preghiere comunitarie grazie alla TV, pulisco bene la casa, per noi un ambiente pulito e disinfettato è fondamentale.

«Mantengo i contatti con l’esterno, grazie alla tecnologia con e-mail e cellulare, in questo periodo di emergenza sanitaria, molte persone, anche quelle più inaspettate, si preoccupano per me, mi inviano dei messaggi per sapere come mi sento, mi consigliano di stare prudente e di praticare molta attività fisica in casa.

«Ricavo il tempo anche per le attività informative dell’associazione, stando attenta ai bisogni dei nostri malati preoccupati per la situazione emergenziale dovuta a covid-19. Cerco, per quanto possibile, di comprendere le loro necessità o semplicemente di ascoltare. Collaboro con gli altri membri del direttivo al fine di trovare le soluzioni più idonee per aiutare gli utenti in difficoltà e mantenere i rapporti con le Istituzioni. Sono in contatto con la sede nazionale LIFC, ci confrontiamo e pensiamo a cosa si può migliorare e come possiamo progettare le nuove attività per guardare avanti con maggior serenità.»

Come vivi la paura del Covid-19?

«La paura c’è, a volte tanta, a volte invece sono serena; le regole che noi abbiamo sempre adottato non ci pesano, però cerco sempre di essere prudente.

«La paura viene quando devo recarmi in ospedale per dover fare controlli per la mia patologia. Faccio respiri profondi, consapevole di recarmi in un centro di cura a Rovereto per la fibrosi cistica dove il personale sanitario è molto preparato e sa bene quali misure adottare con me che sono una paziente fragile.

«La paura la vivo pregando, distraendomi guardando, in questo periodo, i fiori che sbocciano, le anatre che vivono nel fiume sotto casa mia, sentendo le grida di gioia dei miei nipotini, chiusi in casa, cercando conforto e dialogo coi miei familiari, ognuno nella sua casa ma uniti.»

Quali sono le tue preoccupazioni?

«Le preoccupazioni riguardano a volte me stessa, a volte penso alle persone a cui voglio bene, perché in una situazione come questa, tutto può precipitare, ma tutto può anche rimanere uguale e migliorare. In alcuni momenti subentra la paura di dover ricorrere alle cure ospedaliere, proprio ora, in questo clima di emergenza sanitaria.

«Altre volte mi sento più serena e penso che di esperienze di germi e di infezioni ne ho passate tante, magari noi della fibrosi cistica sappiamo reagire, ma non è detto, so che la SIFC (società italiana per lo studio della fibrosi cistica) sta studiando in tal senso. Ma noi siamo prudenti.»

A seguito dell’emergenza sanitaria, quali misure sono state attivate per i malati di fibrosi cistica rispetto a quelle abituali?

«Per noi, da subito, ci è stato rimarcato ancora di più di adottare le regole salvavita che usiamo da sempre, che sono quelle imposte dal DM, isolandoci ancora di più per quello che possiamo: nessun contatto esterno, continuare le nostre terapie, sentire telefonicamente il centro Fibrosi Cistica di Rovereto e continuare a fare sport. A tal proposito il sito web della LIFC ha dedicato uno spazio apposito per farci fare esercizi, anche difficili!»

Ad oggi ci sono stati dei contagi tra i tuoi associati?

«Per nostra fortuna, ad oggi non ci sono stati contagiati, forse anche grazie alle cautele che cerchiamo da sempre di adottare, regole che per noi sono necessarie se vogliamo vivere una vita come tutti.»

Come siete organizzati in caso di emergenza?

«Le modalità sono le stesse per tutti, in più noi dovremo avvisare il nostro Centro di cura di Rovereto il quale collaborerà per ottimizzare la cura a casa o in ospedale.»

Angela qual è il tuo sogno in questo momento tanto difficile?

«Parlare di sogni è difficile, continuo ad avere Fiducia e Speranza nella ricerca, nelle cure, nel rispetto di tutto, delle regole, in Dio.

«La ricerca è sempre stata fondamentale, lo sappiamo bene noi ammalati di fibrosi cistica.

«La mia speranza è quella che non manchino mai i farmaci, i vaccini, i fondi per la ricerca e soprattutto i presidi sanitari, come le mascherine e l’alcool, indispensabili sia per chi cura gli ammalati ma anche per noi pazienti fragili.

«In questo momento, vorrei tanto riprendere le mie semplici passeggiate, per recuperare, e per poi ritornare a camminare in montagna, tanto benefiche per la mia sopravvivenza; inoltre la natura, e soprattutto la montagna rimanda immagini terapeutiche utili nei momenti più difficili.»

Cosa vorresti dire alle persone che si lamentano perché sono chiuse in casa?

«All’inizio ero sconcertata, avvilita da certi atteggiamenti, ma ora mi accorgo che tutti hanno capito l’importanza di non sottovalutare il rispetto delle regole, per sé e per i più deboli, un po’ come quando io cerco di non sottovalutare i segnali che il mio corpo mi dà in momenti difficili.

«Restare a casa per tanti potrebbe essere fonte di angoscia, in particolare, per il lavoro, ma dobbiamo farlo per noi, per la nostra società, e soprattutto per chi lotta affinché tutto si risolva.

«In questi giorni che sembrano così surreali penso che le persone, pur nella difficoltà, riescano a trovare ogni giorno dentro di sé le risorse per andare avanti e la forza di voler contribuire affinché tutto si risolva per il meglio.

«Mi auguro, che al rientro ad una vita più o meno normale, ci sia comunque un’attenta sorveglianza del rispetto di convivenza civile per la salvaguardia delle persone come noi, più fragili.

«Con l’occasione ringrazio tutti quelli che per noi e non solo per noi rispettano le regole imposte dal Governo per l’emergenza sanitaria.

«Concludo con un grazie speciale a tutti coloro che lottano in prima linea o nell’anonimato o pregando.»

Per comprenderne il significato di questa mia intervista consiglio la visione del film dal titolo significativo «A un metro da te», ne sottolinea l’amore impossibile, solo virtuale, fra un ragazzo e una ragazza entrambi malati di fibrosi cistica.»

Nadia Clementi – n.clementi@ladigetto.it
Angela Trenti – Angela.trenti@alice.it

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Per comprenderne il significato di questa mia intervista consiglio la visione del film dal titolo significativo «A un metro da te», ne sottolinea l’amore impossibile, solo virtuale, fra un ragazzo e una ragazza entrambi malati di fibrosi cistica.»

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