548/93: UNA LEGGE DA TUTELARE, NON DA SVUOTARE

Articolo del: 11 Febbraio 2015

Negli anni ’60 la fibrosi cistica era una malattia che lasciava poche speranze di raggiungere l’età adulta. Da allora si sono registrati progressi rilevanti, ed ora in Italia, analogamente agli altri paesi con programmi sanitari avanzati, la metà dei pazienti ha più di 18 anni, una percentuale che in alcune regioni si avvicina al 65%. Oggi per un neonato con fibrosi cistica è ragionevole prevedere un’attesa mediana di vita intorno ai 50 anni.

Questi risultati sono da ascriversi in larga misura all’istituzione di Centri dedicati che si occupano di prevenzione, diagnosi e cura della malattia e che investono anche in ricerca. Si tratta di un modello di assistenza specialistico e multidisciplinare, che si identifica con lo standard di cura internazionalmente riconosciuto. Nei Centri lavorano medici, infermieri, fisioterapisti, dietisti, psicologi, assistenti sociali con competenze specifiche per una malattia complessa come la fibrosi cistica. I Centri sono coinvolti nei programmi di diagnosi precoce tramite screening neonatale, nella consulenza genetica ai familiari, nell’informazione sulla malattia alla popolazione, ed hanno intessuto stretti rapporti con i servizi che oggi offrono il trapianto di polmone, spesso acquisendo anche competenze nel seguire le complesse problematiche dei pazienti trapiantati.

L’istituzione di tali Centri è stata resa possibile da una legge lungimirante, che per prima ha saputo includere al suo interno risposte alle complesse necessità di una malattia genetica cronica, la 548/93. Questa legge, oltre a dettagliare le molte competenze richieste ad un Centro Fibrosi Cistica, ne stabiliva l’istituzione in ogni regione italiana, prevedendo anche un finanziamento dedicato sia per l’assistenza che per la ricerca. In questi venti anni tale finanziamento ha consentito di investire in figure professionali indispensabili alla multidisciplinarietà necessaria alla cura, ma non sempre garantite dalle strutture ospedaliere che ospitano i Centri, e quindi di mantenere un alto standard di cura.

Oggi il disegno di legge 2679bis, che all’articolo 39 comma 6 stabilisce che i fondi dedicati dalla 548/93 in base ai pazienti assistiti nelle singole regioni, alla popolazione residente, ed alle documentate funzioni dei Centri confluiscano nella quota indistinta del fabbisogno sanitario standard nazionale e vengano ripartiti tra le regioni secondo i criteri e le modalità previste dalla legislazione vigente in materia di costi standard.

Questa proposta ha la potenzialità di privare la 548/93 di uno strumento esecutivo essenziale, e provoca grande preoccupazione in chi lavora ed in chi è curato nei Centri Fibrosi Cistica.
Un tale intervento, che rischia di togliere risorse a prevenzione, cura e ricerca, appare tanto più inopportuno in un momento in cui servirebbe investire ancora di più, in vista del continuo aumento della popolazione adulta con fibrosi cistica, che proiezioni europee danno in aumento del 75% nei prossimi 10 anni.
La Società Italiana per lo Studio della Fibrosi Cistica, che riunisce al suo interno i professionisti che di questa malattia si occupano sia in un ambito di cura che di ricerca e la Fondazione Ricerca Fibrosi Cistica, che promuove attività di ricerca e di conoscenza nell’ambito di questa malattia, condividono pienamente le preoccupazioni espresse dal Lega Italiana Fibrosi Cistica sugli effetti negativi che tale disegno di legge potrebbe avere sulle speranze di ricerca sulla qualità e durata di vita dei più di 5000 pazienti che quotidianamente lottano contro questa malattia.

Il presidente della Società Italiana Fibrosi Cistica
Carlo Castellani
anche a nome del direttore scientifico della Fondazione Ricerca Fibrosi Cistica
Gianni Mastella

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