Il gene responsabile della FC è stato individuato alla fine degli anni ’80 da Francis S. Collins, dell’Università del Michigan, e da Lap-Chee Tsui e John R. Riordan, dell’Università di Toronto, che riuscirono ad identificarlo sul cromosoma 7 e lo chiamarono gene CFTR (Cystic Fibrosis Transmembrane Conductance Regulator gene).
Contemporaneamente venne identificata la prima e più frequente mutazione, chiamata F508 (delezione dell’aminoacido fenilalamina in posizione 508), ma negli anni successivi ne sono state individuate circa un migliaio, oggi catalogate in cinque classi, che raccolgono differenti anomalie di produzione o di funzione della proteina. Esistono tutt’ora mutazioni ancora sconosciute.
La frequenza relativa delle mutazioni è variabile in relazione all’area geografica.
In Italia manca una stima generale, ma i dati regionali a disposizione tendono a suggerire un’incidenza di FC intorno ad un caso ogni 2.700 nati vivi e la presenza di un portatore ogni 26 individui.
Ciò significa che 2 milioni di persone sono portatori del gene della malattia e che circa una coppia ogni 700 è esposta a un rischio del 25% di generare un figlio malato ad ogni gravidanza.
Essendo una patologia autosomica recessiva infatti, affinché la fibrosi cistica si manifesti è necessario che entrambi i genitori siano portatori del gene mutato.
Ad ogni gravidanza, a seconda della diversa combinazione dei geni che essi trasmettono, una coppia di portatori ha 1 probabilità su 4 che il figlio sia malato, 1 probabilità su 4 che non sia né malato né portatore, 2 probabilità su 4 che sia portatore sano. La copia funzionante del gene è ampiamente sufficiente a compensare il mancato funzionamento del gene mutato, pertanto chi è portatore sano non ha e non avrà mai nessun sintomo di FC.
La probabilità di essere portatore aumenta per chi appartiene ad una famiglia che comprenda un parente diretto malato di FC o portatore, ed è tanto più alta quanto più stretto è il grado di parentela.
Conoscere il gene e le sue principali mutazioni ha reso in molti casi possibile identificare un portatore grazie ad un semplice prelievo di sangue.
Tuttavia, poiché le mutazioni che il gene può presentare sono numerosissime, alcune rare o sconosciute, i test genetici attualmente a disposizione non sono in grado di individuarle tutte, e quindi di identificare tutti i portatori.
In considerazione di questi limiti, quando ci sia un malato in famiglia è utile prima di tutto analizzare il suo DNA e quello dei suoi genitori. In questo modo è possibile cercare di determinare quali mutazioni sono presenti nel malato, quale è trasmessa dal padre e quale dalla madre.
I parenti che siano interessati potranno sottoporsi al test genetico per accertare se sono portatori della mutazione familiare.
Se il parente non risulta avere la mutazione familiare, né nessuna delle altre che il test è in grado di riconoscere, la sua probabilità di essere portatore sarà estremamente bassa.
L’analisi genetica può essere richiesta anche da coppie nelle quali nessuno dei componenti abbia rapporti di parentela con malati o portatori.
L’analisi genetica ha portato anche a importanti risvolti clinici.
A seguito del progressivo ampliamento del numero di mutazioni ricercate, si è venuto identificando un cospicuo numero di forme atipiche di FC, spesso caratterizzate da espressione clinica respiratoria modesta o assente e sufficienza pancreatica, come ad esempio l’atresia congenita dei vasi deferenti, ossia una forma di infertilità considerata in passato una patologia ereditarie del maschio per il resto sano, dovuta all’ostruzione dei condotti che trasportano all’esterno il seme maschile.