Il 2015 ha segnato il quarantesimo anno di vita del Comitato di Trento dell’Associazione Veneta Fibrosi Cistica onlus.
Da allora l’Associazione, oggi denominata Lega Italiana Fibrosi Cistica Trentino è cresciuta molto. La storia ha seguito il suo corso, ma non sono cambiate però le reazioni di tutti quei genitori nel momento in cui viene diagnosticata questa malattia debilitante e che fa paura.
Dal 1974 l’evoluzione della scienza medica ha aumentato la conoscenza di questa terribile patologia permettendo così diagnosi precoci, migliori cure, prospettive di vita più lunga e di migliore qualità. Tutti enormi traguardi, ma la strada è ovviamente ancora in salita.
Partiamo quindi spiegando che cos’è la fibrosi cistica: si tratta della malattia genetica mortale più diffusa che colpisce bambini e giovani adulti in Italia.
È una patologia multi-sistemica, cioè che colpisce diversi organi, ma che condiziona soprattutto l’apparato digerente e i polmoni.
Seppure il grado di coinvolgimento differisca anche notevolmente da persona a persona, la persistenza dell’infezione che causa il danneggiamento progressivo del tessuto polmonare è la maggior causa di mortalità nei pazienti.
Le complicazioni che si manifestano maggiormente sono la difficoltà a digerire grassi e proteine, la carenza di vitamine e la progressiva perdita della funzione polmonare. Si stima che ogni 2.500-3.000 bambini nati in Italia, uno è affetto da fibrosi cistica (200 nuovi casi all’anno). La malattia colpisce indifferentemente maschi e femmine e ad oggi quasi 4.500 bambini, adolescenti e adulti frequentano cliniche specializzate.
Angela Trenti.
Alcuni dei sintomi che rendono difficile la vita dei malati, soprattutto nei bambini, sono: la tosse persistente con muco denso, il respiro sibilante con mancanza di fiato, le infezioni polmonari frequenti che possono includere la polmonite, i disturbi intestinali, la perdita di peso, il sudore salato e l’infertilità.
Ad oggi non esiste una cura risolutiva, ma l’utilizzo di alcuni approcci terapeutici e i programmi integrati di trattamento assistenziale hanno allungato di molto la vita dei pazienti. La metà di essi, infatti, ha un’aspettativa di vita superiore ai 40 anni.
Dopo la scoperta del gene responsabile della fibrosi cistica nel 1989, la ricerca internazionale ha portato sempre più ad una possibile cura permettendo di guardare al futuro con ottimismo.
Per parlare di questa delicata malattia e della storia della Lega Fibrosi Cistica in Trentino abbiamo incontrato la presidente Angela Trenti rispolverando gli atti della tavola rotonda che si svolse a Trento nel marzo del 1975 sulla mucoviscidosi (nome originario della patologia).
Fu questa, infatti, una delle prime occasioni in Trentino per i genitori di bimbi affetti da questa grave malattia di confrontarsi con medici esperti, ma soprattutto di portare delle istanze e delle richieste per dare vita alla sezione Trentina della Lega.
Ad aprire i lavori fu un genitore che insieme a tanti altri nella stessa condizione, sentiva forte l’esigenza di mettere insieme le forze per aiutare questi fragili bambini.
Parte da qui il lungo viaggio dell’Associazione che ad oggi si occupa di sensibilizzazione, ricerca, supporto alle famiglie, mediazione con i centri medici, soprattutto quello di Verona e Rovereto, ma anche raccolta fondi e sostegno alla ricerca medico-scientifica.
Che cos’è la L.I.F.C.
LIFC Trentino persegue esclusivamente finalità di solidarietà nel campo dell’assistenza sociale e socio-sanitaria a favore di soggetti affetti da fibrosi cistica, tutela le esigenze e gli interessi dei pazienti e delle loro famiglie, al fine di contribuire al miglioramento della qualità della loro vita.
Vuole essere un centro di raccolta e di scambio di informazioni su come affrontare la quotidianità da parte della persona con la malattia e dei familiari.
Intende favorire e migliorare i rapporti con l’assistenza medica sul territorio e all’interno del Centro di Supporto dedicato alla fibrosi cistica, istituito presso il Reparto di Pediatria del Centro Ospedaliero di Rovereto.
Si impegna a promuovere e favorire la ricerca scientifica finanziando progetti ed organizzazioni impegnate nel campo della fibrosi cistica.
Signora Angela Trenti, quarant’anni non sono pochi per la storia di una malattia così debilitante, anzi per la sua gravità possono rappresentare secoli. Cos’è cambiato per i malati di fibrosi cistica dal 1975?
«Nei primi anni ’70 i pazienti con fibrosi cistica (FC) venivano curati al Centro FC di Verona: all’inizio i pazienti erano ricoverati tutti insieme in cameroni molto grandi, poi in qualche cameretta con due, tre letti; i farmaci a disposizione erano molto pochi.
«In Trentino dal 1975 fino al 2000 colui che ha curato la Fibrosa Cistica è stato il pediatra Paolo Pancheri, un medico che ha dato molto alle famiglie e ai pazienti, visitando subito chi non stava bene e mettendosi poi in contatto telefonico con il Centro di Verona. Effettuava il suo servizio non solo nel suo ambulatorio ma spostandosi anche con la sua automobile nei giorni festivi come a Natale nei posti più remoti del Trentino.
Il dott. Paolo Pancheri.
«Fino agli anni ’80 non c’erano molti antibiotici e purtroppo l’indice di mortalità a causa della fibrosi cistica era elevato. La terapia si basava sul drenaggio -allora chiamato battiture- quindi su un lavoro su se stessi, su una fisioterapia che puliva i polmoni e su qualche farmaco fatto in intramuscolo tra l’altro anche molto doloroso. Fortunatamente oggi non è più così.
«Dal 2006 i pazienti sul nostro territorio sono seguiti con molta dedizione al Centro di Supporto FC Trentino dal primario Ermanno Baldo e dalla dott.ssa Grazia Dinnella, entrambi molto preparati, disponibili e presenti in reparto durante i ricoveri o le visite ambulatoriali.
Ora grazie alla ricerca vi sono tanti nuovi farmaci che aiutano molto il paziente ad affrontare la malattia e curarsi in modo adeguato.»
Gli atti del convegno che costituì la sezione Trentina della L.I.F.C. raccontano soprattutto storie di uomini e di donne che lottano ogni giorno per regalare ai loro figli una vita normale. Come viveva in passato rispetto ad oggi un malato?
«Alcune significative testimonianze si trovano negli atti della Tavola rotonda sugli aspetti medici sociali ed assistenziali della mucoviscidosi (1975) disponibili presso la sede della L.I.F.C.; ne riportiamo di seguito un estratto.»
IERI
Testimonianza di una mamma con bimba affetta da mucoviscidosi (Fibrosi Cistica)
OGGI
La testimonianza di una ragazza malata di fibrosi cistica
«In questi ultimi decenni il progresso dell’assistenza sanitaria al malato di fibrosi cistica, l’evoluzione nel campo della ricerca, le nuove politiche sanitarie e l’impegno dei volontari hanno contribuito a migliorare la cura dei pazienti.»
Ci spiega come avviene la diagnosi di questa malattia e quali sono le terapie e le modalità di trattamento?
«La patologia in Trentino viene diagnosticata subito alla nascita grazie allo screening neonatale. Se un bambino risulta positivo, viene contattato dall’ospedale e invitato in un secondo momento a rivolgersi al Centro FC di Verona dove verrà sottoposto al test del sudore.
«Il trattamento per curare la malattia è tempestivo, consiste in un primo ricovero per istruire i genitori i quali dovranno essere non solo genitori, ma anche fisioterapisti ed infermieri. A loro verrà insegnato come fare la fisioterapia respiratoria, come somministrare gli antibiotici e gli enzimi pancreatici e come fare l’aerosol, trattamenti essenziali per la cura della malattia.»
Che cosa significa avere la fibrosi cistica e come si può sapere di essere portatori?
«Avere la fibrosi cistica significa lottare ogni giorno per essere al passo con le persone e i coetanei sani: a scuola, al lavoro, all’università; si deve essere costanti nel fare le terapie respiratorie, l’aerosol e lo sport per poter respirare bene e fare tutto quello che normalmente una persona sana fa, però con qualche sacrificio in più.
«Bisogna alzarsi presto al mattino per le terapie, fare sport anche quando non si ha voglia o non si sta tanto bene. Occorre persino stare attenti alle persone affette anche da un semplice raffreddore perché potrebbe trasformarsi in bronchite comportando l’assunzione dell’antibiotico in vena e un possibile ricovero di 18 giorni in ospedale.
«Si può sapere di essere portatori facendo un semplice esame del sangue; dalle cellule di questo viene estratto il DNA dal quale si esegue la ricerca del gene difettoso responsabile della fibrosi cistica.»
Cosa possono fare oggi due giovani genitori colpiti dalla notizia che il loro bambino è malato?
«La malattia fa sempre paura, ma oggi i genitori devono sapere che di FC è vero non si guarisce, ma vi sono nuove cure che se perseguite con attenzione e metodicità permetteranno al loro figlio di diventare adulto, di poter studiare e di farsi una propria vita.
«Rivolgendosi alla nostra Associazione sarà possibile ricevere le prime importanti informazioni riguardanti il miglioramento della qualità della vita per il futuro.»
Quante sono le persone colpite in Trentino da fibrosi cistica e quali sono i punti di riferimento a cui possono rivolgersi?
«Le persone affette da FC in Trentino sono circa una sessantina e si rivolgono al Centro di Riferimento di Verona-Borgo Trento, uno dei più avanzati in Europa.
«I pazienti trentini inoltre possono accedere dal 2006 al Centro di Supporto Fibrosi Cistica Trentino che è in stretto contatto con il Centro di Verona, sito presso la pediatria dell’Ospedale Santa Maria del Carmine di Rovereto che rappresenta un prezioso punto di riferimento per la cura: il centro garantisce un monitoraggio della patologia in tempi rapidi dove si possono fare visite ambulatoriali, brevi ricoveri ed esami preventivi.»
Attualmente la L.I.F.C. Trentino in quali battaglie è impegnata maggiormente?
«L.I.F.C. Trentino è attiva in diversi ambiti, in particolare si preoccupa di finanziare, per la propria quota, tre borse di studio, ad una psicologa, una fisioterapista ed una infermiera presso il Centro FC Support Trentino, indispensabili non solo per chi è affetto da fibrosi cistica, ma anche per tutte le altre patologie correlate che si rivolgono in pediatria per essere curate.
«Inoltre è impegnata a donare macchinari di nuova concezione ed a sostenere l’aggiornamento del personale medico.
Un altro importante progetto è quello dello Screening del portatore sano per la fibrosi cistica che consiste in un esame genetico per individuare tra gli adulti in età riproduttiva i portatori sani. Si stima che ci sia un portatore sano del gene della fibrosi cistica ogni 25-30 persone circa.
«I risultati dell’indagine forniranno informazioni a sostegno della ricerca clinica, medico-scientifica e saranno anche utili per selezionare medici appassionati a curare i pazienti con FC. Per questo progetto siamo già in contatto con alcuni studenti di medicina, ai quali vengono fornite le nostre testimonianze.»
Perché è importante lo sport per i malati di fibrosi cistica?
«Sin da piccoli ai pazienti viene insegnato uno sport, che è parte integrante delle terapie in caso di fibrosi cistica.
«Tutti gli sport sono, infatti, fondamentali perché contribuiscono a tenere un buon tono muscolare, contribuiscono ad aumentare la capacità respiratoria e a superare i momenti forti a cui la malattia mette di fronte: imparare ad esempio ad andare a scalare aiuterà poi il paziente ad affrontare in ospedale terapie molto invadenti.
«Per i malati di fibrosi cistica usare una parte debole del proprio fisico come sono i polmoni per farne qualche cosa di grande, una potenzialità, attraverso lo sport, o il canto, permetterà di trasformare la fatica fisica in una passione che diventerà utile per sopportare e vivere più serenamente la malattia.
«A tal proposito è stato realizzato un progetto in collaborazione della L.I.F.C. con l’Azienda sanitaria, l’Apss, il Coordinamento Trapianti della Pat e le guide alpine denominato Martino ha iniziato ad arrampicare. Questo progetto ha permesso ai malati di entrare in contatto con le tradizioni alpinistiche del territorio che rappresentano delle formidabili risorse per la promozione dell’attività fisica. Si incoraggiano così i pazienti ad intraprendere un percorso di attività fisica con l’aiuto di guide alpine, associazioni di malati e servizi sanitari.
«Sull’argomento è stato organizzato recentemente dalla L.I.F.C. un convegno a cura della dott.ssa Pilati Responsabile ambulatorio Trapianti Trentino e dalla Guida Alpina dott. Antonio Prestini riportando l’importanza dell’operato delle 25 Guide Alpine.»
Con quale idea nasce la Nazionale Italiana Volley trapiantati e dializzati?
«Come abbiamo già accennato lo sport è molto importante nei pazienti, in particolare per chi ha avuto un trapianto di polmoni.
«La nazionale di Volley trapiantati e dializzati nasce dall’idea di alcuni atleti trapiantati d’organo, i quali hanno individuato nello sport un mezzo per riscattarsi e dimostrare che il trapianto è sinonimo di vita.
«Questo team rappresenterà l’Italia ai prossimi campionati europei per trapiantati e dializzati che si svolgeranno il prossimo luglio ad Helsinki in Finlandia.
«L’obiettivo è quello di promuovere e divulgare la cultura della donazione anche mediante interventi nelle scuole per sensibilizzare gli studenti invitandoli alle partite.»
In che modo è possibile contribuire ad aiutare i malati?
«Si può contribuire anche con delle semplici attenzioni igieniche come lavarsi le mani, mettere la mano davanti al naso o alla bocca quando si starnutisce e cercando di comprendere che l’assenza da scuola o dal lavoro non è per svogliatezza, ma per necessità di salute.
«Si possono aiutare i malati anche mettendosi a disposizione delle famiglie con lavori domestici permettendo così di svolgere con tranquillità le terapie. Inoltre è molto importante contribuire allo svolgimento delle campagne di sensibilizzazione e raccolta fondi per sostenere i progetti di sviluppo dei Centri e la ricerca.»
Con quali iniziative l’associazione raccoglie i fondi a sostegno della ricerca? Quali sono i vostri maggiori sostenitori?
«L.I.F.C. Trentino è impegnata in campagne di sensibilizzazione: le due principali sono quella del mese di maggio con le roselline per il sostegno dei pazienti e del centro di cura, e quella di ottobre con i ciclamini per la ricerca.
«Il principale sostenitore è innanzitutto la popolazione: da anni andiamo nelle piazze e la FC piano piano comincia ad essere conosciuta. Contribuiscono inoltre casse rurali, cooperative, privati, le varie croce rossa, bianca, stella d’oro, il Gruppo Poli, i cori, e tanti altri sostenitori di uguale importanza, sarebbero troppi per essere elencati tutti.»
Ripercorrendo questi quarant’anni di lavoro, qual è il messaggio di speranza per il futuro dei malati di fibrosi cistica?
«Ora la ricerca ha fatto passi da gigante: sono in arrivo farmaci che, seppur non risolutivi della patologia, permetteranno di condurre una vita più dignitosa. L’Associazione ha lavorato molto in questi ultimi anni affinché i malati non si sentano soli ma abbiano tutto ciò di cui hanno bisogno.»
Nadia Clementi – n.clementi@tin.it
Angela Trenti e-mail lifc.trentino@libero.it – www.trentino.fibrosicistica.it